I Menhir di Filitosa

FILOTOSA, L’ANTICA CAPITALE CORSA, CI PRESENTA I SUOI MENHIR ED I SUOI SUGGESTIVI REPERTI STORICI.

La Corsica è conosciuta anche come “la montagna nel mare” per l’entusiasmante varietà di scenari naturali che offre: alle scogliere ed alle piagge quasi caraibiche si affianca un entroterra montuoso, meta di appassionati escursionisti e scalatori. Per questo motivo quest’isola francese (per la verità, con uno spirito molto italiano) incontra non solo i favori del turista in cerca prettamente di relax ma anche di quello più sportivo che, oltre alla tintarella in spiaggia e splendide nuotate in un mare cristallino, ha la possibilità di dedicarsi agli sport tipicamente montani.

Il Leone di Roccapina - Corsica
Il Leone di Roccapina – Corsica

Non tutti sanno però che la Corsica ha una storia antica da raccontare e che può quindi far felice coloro a cui, come a noi, piace andare alla ricerca delle voci del passato.

Una “casa” a Cucuruzzu

I siti archeologici della Corsica sono più di quanti si possa pensare. Molti reperti delle antiche civiltà corse sono naturalmente esposti nei musei. Per chi fosse interessato, molto consigliata è la visita al Museo di Preistoria e Archeologia di Sartène.

Altrettante vestigia sono ancora però all’aria aperta, in mezzo alla natura, il che ci dà la possibilità di visitarli anche con i nostri amici a quattro zampe.

Nell’ottobre del 2019 siamo stati felici visitatori del sito denominato Cucuruzzu che, oltre alla parte archeologica, ci ha offerto la straordinaria esperienza di immergerci in un bosco fatato. Vi racconteremo presto anche questa nostra avventura.

Due anni prima avevamo invece visitato il sito archeologico corso più importante in quanto considerato l’antica capitale preistorica dell’isola. I primi ritrovamenti risalgono infatti al 6.000 a.C. Gli ultimi sono invece di epoca romana.

Il sito archeologico

Riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità, questo sito preistorico megalitico è uno dei più grandi d’Europa ed è celebre per lo schieramento di statue-menhir dal volto scolpito. Fu scoperto solo nel 1946 dal proprietario del terreno, Charles-Antoine Cesari, ma i veri e propri scavi cominciarono nel 1954. È aperto al pubblico solo da alcuni decenni.

Viene proposto un percorso nella natura davvero appassionante che permette di osservare da vicino queste singolari “statue”. Sebbene la regione più famosa per i megalitici sia l’Inghilterra, la Corsica costudisce il maggior numero di Menihr di tutta Europa. Nell’isola, infatti, se ne contano 500, un fatto raro poiché non ve ne sono molti nel bacino del Mediterraneo. In questo sito in particolare avrete l’opportunità di ammirarne davvero un nutrito gruppo.

Come raggiungere Filitosa

Raggiungere Filitosa è piuttosto semplice perché è indicato da parecchi cartelli. Dista circa 50 Km da Ajaccio e venti da Propiano. Sul posto è presente un parcheggio gratuito ed un piccolo snack-bar.

Cartello a Filitosa
Cartello a Filitosa

Prima di intrapprendere questa avventura archeologica, vi consigliamo come sempre di visitare prima il sito ufficiale per raccogliere le ultime informazioni ed indicazioni.

Nella biglietteria troverete un opuscolo che potrete utilizzare per approfondire la vostra visita, ma ciò che è davvero interessate è che lungo il percorso sono disseminati dei totem multilingua collegati a delle casse a terra: voce e musica renderanno l’esperienza ancora più coinvolgente. 

Il biglietto non è affatto caro, io ho pagato € 7,00, mentre Rush è entrato gratuitamente. Naturalmente i nostri compagni di avventure a quattro zampe dovranno sempre essere tenuti al guinzaglio e ricordatevi il sacchettino per … voi sapete cosa: il fatto di essere in mezzo alla natura non vi dispensa dall’essere proprietari educati e rispettosi anche di chi calpesterà quei sentieri dopo di voi.

Il percorso di visita

La visita inizia subito alla grande. Ad accoglierci è un alto menhir (Filitosa V) di tremila anni fa e che presenta numerosi dettagli scolpiti: un volto stilizzato ed un’arma sono chiaramente visibili sulla superfice rosata della pietra. Per questo, infatti, lo hanno soprannominato il “Menhir armato

Le buffe rocce erose che si incontrano lungo il sentiero

Il percorso ci porta fino alla zona delle capanne: semplici ripari sotto la roccia che risalgono alla prima occupazione dell’area. Molti di questi hanno sfruttato la presenza di “tafoni”. Questi ultimi sono il frutto di fenomeni geologici per cui l’acqua ricca di sale ed il vento hanno eroso il granito creando dei buchi, a volte di dimensioni considerevoli.

Superate anche le tracce di una notevole cinta muraria – la chiamano mura ciclopica – ci ritroviamo su di una altura la parte più importante del sito.

Il culto

Il “Culto” di Filitosa

Il cuore di Filitosa è il monumento torreo noto come “culto“, il cui ingresso è sorvegliato da piccoli menhir. Lo scopo di questo complesso monumentale deve ancora essere definito Era forse un semplice luogo di aggregazione, o un posto dove conservare ricchezze, specie nei suoi oscuri pertugi? Oppure, più probabilmente, era un luogo di potere o incontro per una particolare circostanza, il rifugio di un personaggio eminente della comunità, o ancora un sito di sciamanesimo con credenze ancestrali?

Quel che è certo è che questa torre fortificata rappresenta l’apice ancora visibile dell’arte statuaria e del megalitismo.

Il Forte

Da questa predominante posizione possiamo intravedere dove ci condurrà il sentiero: in fondo alla discesa, in una radura, vediamo un grande albero circondato da menhir antropomorfi.

Mentre ci riavviamo lungo il sentiero, passiamo accanto ad un altro interessante reperto. Ad ovest, ai piedi della grande roccia, infatti, si trova un monumento circolare alto tre o quattro metri. L’ingresso, indicato da un grande blocco di roccia, conduce a una grande stanza tagliata a metà da una parete centrale. Un corridoio, in cui sono stati ricavati dei diverticoli, dà accesso all’altra parte della stanza. Il monumento comprendeva l’intero affioramento roccioso e fungeva probabilmente da edificio difensivo.

Ci ha impressioato vedere come queste mura si siano così ben conservate: è stato molto emozionante camminare lungo il corridoio con quelle incombenti mura a pochi centimetri da noi; così come è stato anche inquietante sbirciare in quei bui cunicoli, immaginando chissà quali presenze (non necessariamente paranormali).

I Menhir

Alla fine del sentiero ci si trova finalmente nella radura, al cospetto di un ulivo secolare attorniato dai numerosi e famosi menhir di Filitosa. Apprendiamo che il loro allineamento non è originario, ma è stato ipotizzato dagli archeologici e risulta sicuramente suggestivo.

Il cerchio di Menhir

Mai come in quel momento ci siamo chiesti quale significato avessero quelle stele di pietra, e mai come in quella situazione avremmo voluto che quelle statue si animassero e comunicassero con noi per svelarci gli enigmatici significati di quelle sculture. Alcune ci hanno persino ricordato i volti delle statue dell’Isola di Pasqua

Uno dei menhir antropomorfi

Cosa fossero e a cosa servissero i menhir, e quelli di Filitosa in particolare, rimane infatti tuttora un mistero anche per gli studiosi. Le tesi più accreditate suppongono che rappresentassero i capi dei guerrieri morti o ancora meglio che potessero avere una motivazione religiosa.  

Sono però solo supposizioni: l’origine di questi reperti rimane misteriosa come misterioso è il motivo per cui proprio in questa isola ce ne siano così tanti e soprattutto perché gli antichi Corsi, a differenza di altri popoli, abbiano voluto incidere le loro statue per renderle “umane”.

La cava

Le sorprese non sono però ancora finite. Appena dietro al cerchio dei menhir ecco ergersi dei suggestivi boulder-clay. Questi massi informi impilati sono il risultato dell’opera dell’acqua e della sabbia che, infiltrandosi nelle fessure granitiche di origine morenica hanno lavato, frantumato, levigato e plasmato enormi blocchi di pietra.

Se noi ne siamo rimasti davvero impressionati ed incantati, immaginiamo che questi imponenti ed insoliti massi agli occhi degli uomini primitivi dovessero essere davvero qualcosa di straordinario e mistico.

La roccia detta “Il Dinosauro”

È quindi facile comprendere come mai questo luogo è stato scelto per essere uno dei più importanti centri religiosi primitivi dell’isola.

Durante i secoli è diventata anche una cava dove recuperare “facilmente” il materiale per costruire gli edifici circostanti.

Il museo

Rush alla scoperta di Filitosa

La visita termina nel piccolo museo installato presso l’uscita e, udite udite, lo ha potuto visitare anche Rush! Affiancate da i più piccoli menhir di Filitosa, alcune teche conservano i monili, le antiche ceramiche e gli oggetti di uso quotidiano che sono emersi dagli scavi.

Essendo relativamente “giovane”, il sito di Filitosa con i suoi Menhir cela ancora tanti enigmi, pur raccontandoci un piccolo spezzone della sua antica storia. Ed è stato emozionante condividere con Rush una mattinata intera alla scoperta dei suoi segreti. Naturalmente non abbiamo trovato risposte alle domande proposte dalla nostra curiosità, ma l’immaginazione ed il nostro entusiasmo non hanno mancato di correre veloci lasciandoci un bellissimo ricordo.

Il nostro consiglio

Questi siti archeologici all’aperto meritano molto di più di una visita “tappa buchi” in caso di una giornata uggiosa: 8000 anni di storia e la ricchezza dell’ambiente naturale sono un’esperienza che se vissuta col bel tempo, risulterà immensamente più soddisfacente ed indimenticabile. Non ne rimarrete delusi, promesso!

Sito Archeologico di Filitosa

“In che lingua parlano, quali mani le hanno create, da quali popoli sono state erette…?  Forse si tratta di una tradizione di vecchi popoli … erigere una statua di pietra per coloro che amiamo quando scompaiono, un modo per non lasciare morire i morti, ovvero di credere nell’avvenire, nelle generazioni future …

Il tempo non separa gli uomini, non sa dove si trova l’inizio né la fine delle cose …Io voglio far parte di questi popoli, appartengo a questo paese

In Filitosa … “Jean-François Bernardini (Groupe I Muvrini)

I media

L’attrezzatura che abbiamo usato per documentare la nostra visita è composta da:

Frankie

Ciao, mi chiamo Francesca, per gli amici Frankie. Sono una persona che ama viaggiare e lo faccio come posso, secondo le mie disponibilità di tempo e di denaro. Amo viaggiare e amo scegliere cosa fare dei miei viaggi, senza dover rendere conto a nessuno se non al mio umore, al clima ed al cuore. Pochi sono i compagni che ho scelto, ma il migliore di tutti ha quattro zampe ed una coda scodinzolante.

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